Domanda:
Bad ed altri...help me!?
keka
2013-05-07 14:05:54 UTC
un mese fa ho ricominciato ad allenarmi (dopo qualche anno di pigrizia pura), alternando diverse discipline (ballo, esercizi muscolari, corsetta e cyclette)... nonostante sia stata attenta a fare stretching, a non esagerare, ecc ecc, mi è venuto un dolorino al piede sinistro... non mi fa male sempre... diciamo che 1 volta al giorno mi viene improvvisamente un dolore piuttosto acuto che sparisce dopo pochissimi secondi (e questo mi succede a riposo)...
mi sono beccata una tendinite? io intanto sto applicando dicloreum, ma la domanda è: quanto tempo devo aspettare prima di riprendere ad allenarmi??? soffro a stare ferma :-(
Cinque risposte:
Bad the ultimate
2013-05-10 03:39:04 UTC
(seguito)



Controllate attentamente il consumo delle vostre scarpe, anzi studiatelo: se riscontrate delle asimmetrie non esitate a rivolgervi a un ortopedico podologo (medico specialista) che eventualmente vi proporrà degli esami approfonditi, o magari v’invierà in un negozio d’ortopedia a procurarvi un plantare su misura.



E per finire proprio con l’argomento consumo: le scarpe non vanno consumate fino a ridurre la suola come un foglio di carta velina. Mano a mano che le utilizzate, si modifica la forma della tomaia (si dilata) si consuma la suola e si abbassa il tallone. In parole povere cambia l’appoggio e quindi la sollecitazione delle articolazioni del piede. Purtroppo le scarpe vanno cambiate quando sono consumate a metà (purtroppo per quel che costano). Però non gettatele via: le userete nella vita di tutti i giorni, poiché le sollecitazioni che riceve il piede durante la camminata sono molto inferiori a quelle della corsa.



Da parte mia un unico suggerimento: lasciate stare le scarpe leggere e ultraleggere; vanno bene per gli atleti leggeri che corrono distanze medio-brevi, in ogni caso sono fatte per atleti di un certo livello.



Ciao a tutti e buoni allenamenti.



=====



Compreso tre le linee a tratti (=====) c’è un vademecum utile a scegliere le scarpe adatte al tuo piede, giacché tu sei tu, e non potrai mai sentirti a tuo agio indossando il cappotto della zia o il maglione della nonna e meno che mai le scarpe che vanno bene a un uomo che ha misure diverse, cartilagini più consumate, stile di corsa differente, peso diverso e via discorrendo.



Spiace dirti che i tuoi precedenti sport ti hanno dato una base minima per la corsa. Il podista sta al non podista come una vettura da Gran Premio sta a un’onesta utilitaria. Siccome non possiamo cambiare il “veicolo” donatoci dalla Natura, dobbiamo modificare il motore, la carrozzeria, le sospensioni per adattarli ai massimi sforzi; in altri termini occorre introdurre una serie di sollecitazioni crescenti per cuore, polmoni, muscoli, articolazioni, ecc. stando attenti a creare benefici e non danni. Sembra facile ma non lo è così tanto.



Il fiato è sempre scarso, per tutti. Non per niente si dice che dopo mezz’ora circa di corsa avviene la cosiddetta “rottura del fiato”, dopo la quale riesci a correre e a chiacchierare che è un piacere.



Come spiegai sotto la tua prima domanda (tirando le orecchie al sedicente “allenatore di atletica” che ti prescrisse sforzi massimali al primo allenamento), ti occorre un anno di condizionamento organico progressivo, dopo il quale – se avrai ancora lo stesso coach :-))) – inizierai a lavorare sulle variazioni di ritmo.

Parliamoci chiaramente: se vuoi fare una gara (magari più corta di 21 Km) ti ci porto tra sei mesi. Piccolo inconveniente: oltre a vari guai osteoarticolari ti ritrovi col cuore a “padella” che ti porterai dietro tutta la vita. Ne vale la spesa? Se vuoi fare gare in previsione di mantenerti in forma, sana e senza chili né tossine di troppo, (e soprattutto senza danneggiarti) allora non possiamo bruciare le tappe. Dopo l’anno di condizionamento organico e sei microcicli di adattamento alla velocità (ossia un minimo di dodici settimane), ti proporrò alcuni test di difficoltà crescente. Se li supererai inizierai a gareggiare, altrimenti occorrerà ritoccare il lavoro; ma è presto per parlarne.



La corsa è bellissima, non può essere una cattiva idea. Ti abitua a conoscere le tue forze senza barare, ti costringe a dare il meglio, non ti lascia spazio ad alibi meschini quali “l’arbitro venduto”, “l’avversario che picchia” e altri sotterfugi.



Una proposta: prova a comprare un chilo di sale marino integrale (quello non raffinato che sembra perfino sporco), e usalo quotidianamente per i pediluvi. Nell’acqua calda (senza esagerare) cominci a scioglierne accuratamente un cucchiaio. Non metterne troppo, tanto quando la soluzione è satura non ne scioglie più. Quando i piedi sono caldi, nell’acqua, inizia a “conoscerli”, palpando e premendo leggermente in vari punti. Muovi le dita dei piedi in tutti i modi e poi ripeti gli stessi movimenti passivamente, indotti dalle mani. Poi torna a palpare e a premere. Quando trovi un punto dolente inizia a puntarvi contro un dito, premi molto dolcemente con leggera progressione. Dopo un istante il dolore scomparirà. Se così non fosse, sarebbe il caso di fare un’indagine diagnostica che tolga il sospetto che ci possa essere qualcosina fuori posto.



Se correndo non ti dà fastidio, potresti provare a riprendere con grande precauzione e poi mi relazionerai.



Stacco per il fine settimana. Se credi, ci risentiamo tra qualche giorno.



Ciao



Bad



P.S. Potrei suggerirti di aprire un foglio di Word e fare un copia e incolla? Se quelli di Yahoo decidessero di cancellare Answers perderesti queste nozioni. Non credere che sia improbabile: qualche mese fa cancellarono tutti i Forum, compreso il “mio” di Atletica.
anonymous
2013-05-10 02:17:58 UTC
(seguito)



Guardate i fori per le stringhe: è preferibile che siano guarniti con un anellino di metallo; ciò facilita la regolazione delle stringhe medesime e ne allunga la vita.

Guardate l’interno: se è di pelle rovesciata deve essere foderato salvo vogliate ritrovarvi coi piedi colorati; le tinte moderne sperdono sempre. Al tempo stesso il tessuto foderato deve essere robusto, altrimenti si strappa dopo poco tempo e sono guai e abrasioni.

Guardate la suola: tra suola e tomaia vi deve essere uno strato intermedio, l’intersuola, che ha funzioni ammortizzanti. Se vi allenate su marciapiedi di piastrelle (estremamente duri) la scarpa dovrà attutire ben di più che se correte su pista di materiale sintetico.

Un altro particolare: il tacco non deve arrivare al suolo squadrato, ad angolo retto, come nelle scarpe normali, ma disegnare un arco. Idem la punta della scarpa.

Tra il tallone e la pianta ci dev’essere un poco d’incavo, come nelle scarpe da passeggio.

Se vi allenate su strada in orari serali o antelucani, oppure in zone dove la nebbia dimora per tanti mesi, scegliete scarpe con il catarifrangente.



2. Il controllo manuale statico.



Toccate la punta della scarpa. Non deve essere troppo rigida. Toccate la conchiglia del tallone: questa deve essere soda per contenere, ma non deve avere consistenza plastica.

Controllate la linguetta sottostringhe: non deve “sbandierare”.

All’interno ci dovrebbe essere un plantarino: saggiatene la consistenza con la punta delle dita.

Infilate una mano nella scarpa e muovetela carezzevolmente. Se incontrate fili penzolanti, punte, spigoli, lasciate perdere.

Toccate la suola. Deve essere robusta, consistente e con un po’ di dentellatura per consentirvi di procedere anche su sabbia e sterrato.

Toccate l’intersuola: deve essere più morbida della suola.



3. Il controllo manuale dinamico.



A questo punto il commesso vi comincia certamente a guardare male. Fate finta di niente.

Se siete destrimani afferrate il tallone della calzatura con la sinistra (i mancini useranno la destra). Poi, con l’altra mano, afferrate la punta e piegate la scarpa all’indietro. Si piega bene? Se fosse troppo rigida ne risentirebbe anche il piede. Piegatela all’indietro del tutto, come a volerla spezzare e con un occhio guardate se fa un movimento regolare (con l’altro controllate il commesso che non vi allunghi una sberla). Mollate la punta di colpo: se ritorna in posizione con un movimento rotondo e regolare va bene, ma se procede con uno scatto, in maniera irregolare, oppure non torna alla posizione di partenza, lasciate stare e scegliete qualcosa d’altro.



4. Il controllo sul terreno.



Dentro il negozio togliete i calzini e indossate quelli d’allenamento. Infilate le stringhe in entrambe le scarpe, poi calzatele percependo tutto ciò che vi trasmettono, allacciatele e camminate nel negozio.

Se qualcuno vi dicesse che le scarpe sportive nuove “devono fare male” non dategli retta: o è in malafede o è un cretino.

Con la scarpa al piede assumete la posizione di corsa e controllate che la tomaia non vada a toccarvi l’unghia dell’alluce.

Il commesso non vi permetterà di andare in strada a fare una dozzina di chilometri, e quindi dovrete accontentarvi del pavimento del negozio che avrà – come al solito – uno spesso tappeto per trasmettere un’illusoria sensazione di benessere.

Piegatevi in avanti e simulate la partenza di una gara; poi fate qualche passetto di corsa. Attenzione massima al guscio posteriore che avvolge il tallone: deve contenere bene senza stringere, e la sagomatura non deve andare a toccare il tendine d’Achille.

Tenete presente che quasi tutti gli esseri umani hanno i piedi leggermente asimmetrici, quindi, o siete bionici, oppure dovete provare attentamente entrambe le scarpe. Se una scarpa appena calzata vi trasmette una sensazione di calore non acquistatela: in allenamento vi “cuocerebbe”. Stesso discorso per le scarpe che – appena calzate – premono in un punto: vi strofinerebbero fino a causarvi vesciche o piaghe.

Controllate il plantare: deve sentirsi, ma non tanto da creare fastidio.

Se non trovate il vostro numero, comprate piuttosto mezzo numero più grande, altrimenti rischiereste – dopo mezz’oretta di corsa – le unghie dei piedi.



Ora che avete le vostre belle scarpette procedete a rodarle usandole solo 5 minuti per i primi allenamenti, poi 10, poi 15 e aumentate lentamente. Dopo un mese o due (ma dipende soltanto da voi) potete utilizzarle a tempo pieno. Se nonostante tutte le precauzioni vi capitasse di trovarvi qualche arrossamento, iniziate l’allenamento solo dopo aver strofinato i piedi con creme apposite. Anche la vaselina purissima può andar bene.



(segue)
anonymous
2013-05-09 07:49:58 UTC
Cominciamo dal fondo: vuoi un consiglio per acquistare un paio di scarpe. Siccome non esiste il piatto più buono, ma quello che meglio si adatta al proprio stomaco (ossia piace di più), non esiste la vettura adatta a tutti o un abito per tutte le stagioni, ti propongo ciò che postai anni fa sul forum Atletica di Yahoo. Mi rivolgevo a diversi ragazzi/e che chiedevano lumi sulle scarpe sportive.

Sono le nozioni che bisogna tenere a mente quando si va a comprare un paio di scarpe che devono adattarsi al proprio piede. Se ti indicassi una marca e un modello, tu poi gireresti con le scarpe che vanno bene a me e non a te. Buona lettura, anche se – causa la lunghezza – la terminerò domani (altrimenti ti annoieresti a leggere tutto). Ciao

=====

Ho letto che alcuni di voi hanno il problema della scelta delle calzature…

Ecco, mi permetto di dire la mia, avendo praticato corsa su tutte le distanze comprese tra i 1500 e la maratona classica.

La scelta della scarpa è fondamentale per il podista: se sbaglia incapperà in una serie di tendiniti, metatarsalgie, periostiti tibiali, e – a salire – gonalgie, discopatie eccetera eccetera. Lo so per esserci passato.



Ricordate sempre che la scarpa sportiva non va acquistata guardando il prezzo. Se è necessario risparmiare si possono comprare magliette da poco, tute non firmate, borse non griffate e se qualcuno vi guarderà con un sorrisetto pazienza, le occhiate non hanno mai fatto male a nessuno; ma sulle scarpe occorre esaminare una serie di fattori, tra i quali il prezzo non c’è.



Partiamo dalla “preparazione” all’acquisto, ovvero la messa in forma del prezioso strumento: il piede. Scusate la pedanteria, ma prima di recarsi ad acquistare occorre tagliare accuratamente le unghie, naturalmente dopo un abbondante pediluvio con sali; fate attenzione a non tagliarle troppo corte in prossimità dei bordi, le unghie potrebbero diventare incarnite. Fatto questo prendete una pomicetta solforosa e carteggiate leggermente le callosità fisiologiche che si formano sui bordi dell’alluce e del tallone. Non troppo, però: debbono esserci ma non più di tanto. Asciugate sempre con molta cura: micosi e intertrigini sono sempre in agguato; cospargete di talco (e non di borotalco) senza esagerare, mettete le calze e partite alla volta del negozio, portandovi dietro un paio di calze che usate durante la corsa. Tutta questa preparazione sarà servita a indossare le nuove scarpe nelle stesse condizioni dell’allenamento.



Evitate come la peste quei negozianti che vi mettono fretta: per guadagnarvi i soldi avete impiegato del tempo e dovete perderne un po’ anche prima di spenderli.



Ogni paio di scarpe da corsa deve essere sottoposto, nell’ordine, ai seguenti esami:

1. Controllo visivo.

2. Controllo manuale statico.

3. Controllo manuale dinamico.

4. Controllo sul terreno.



È evidente (ma ve lo dico lo stesso) che se non venisse superato uno dei primi tre, sarebbe del tutto superfluo procedere con i successivi.



Analizziamoli in dettaglio.



1. Il controllo visivo.



Occorre guardare dentro e fuori cercando con grande pignoleria ogni genere d’imperfezione nelle cuciture, nella suola o ovunque si trovi un difetto che farebbe supporre che la lavorazione sia stata eseguita alla carlona. Tanti anni fa si potevano acquistare certi marchi e si era garantiti sulla qualità; oggi che la produzione è stata portata nei Paesi emergenti, la qualità dei prodotti è precipitata, e non datemi del razzista vi prego. Le maestranze di certe nazioni lavorano molto male non per loro colpa, ma perché non hanno ricevuto adeguata formazione, poiché sono sottopagate e maltrattate, per i tempi di lavoro e per mille motivi. Ma se mi capita una scarpa con dei difetti, poi il piede si vendica su di me, infischiandosene delle implicazioni sociali del Terzo e Quarto Mondo.

Tenete ben presente: la tomaia non va scelta in base alle mode che la vogliono stretta o larga, ma va adattata alle esigenze del vostro prezioso piede. Altra stupidaggine da sfatare è il luogo comune che “il piede deve adattarsi alla scarpa”. Palle, è vero il contrario.

La tomaia deve permettere la traspirazione del piede. Va bene di pelle, o di pelle rovesciata (ma di questi tempi le scarpe di vera pelle sono rare e quando si trovano hanno prezzi non accessibili a tutti), ma vanno bene anche di altri materiali, purché il tessuto sia a trama sufficientemente larga da lasciare respirare. Le stringhe vanno sistemate con grande cura, non devono attorcigliarsi perché il piede, sotto sforzo, potrebbe avvertire un certo fastidio. Ho avuto scarpe che si chiudevano col velcro: è pratico e veloce, ma la scarpa rimane più a posto con le stringhe.

Attenzione soprattutto alle cuciture: se sono ripassate, troppo spesse o sfilacciate, causeranno attriti che – chilometro dopo chilometro – vi potranno causare anche delle piaghe.



(segue)
anonymous
2013-05-08 04:29:59 UTC
Ciao Keka,



da quel poco che dici ipotizzo che non sia una tendinite.



Con il termine tendinite s’intende un’infiammazione del tendine (o della guaina che lo avvolge) dovuta a un sovraccarico di lavoro, oppure a lavoro eseguito con postura sbagliata. Il tendine è un tessuto connettivo che collega il muscolo all’osso e trasmette l’energia del primo al secondo permettendo il movimento. Nel piede esistono una quantità di tendini, ossa e muscoli che rendono difficile la diagnosi. Se il dolore è nella zona anteriore del tallone si potrebbe pensare a una spina calcaneare. Ma il fatto che arrivi un “dolore acuto a riposo che sparisce dopo pochissimi secondi” farebbe escludere una patologia a carico dei tendini. Il tendine infiammato non dà problemi a riposo; è molto dolente all’inizio dello sforzo (poiché l’infiammazione ne preclude la naturale elasticità) e tende a riprendere le condizioni apparentemente normali dopo uno sforzo prolungato, una volta ben caldo.

Occorrerebbe sapere molte cose: su che terreni ti sei allenata? Con che tipo di scarpe? Quanto ti sei allenata? Per quanto tempo e con che intervalli? Quando hai avvertito il problema per la prima volta?



Se leggo e interpreto bene, hai fatto un mese di “ballo, esercizi muscolari, corsetta e cyclette”…

L’allenamento che ti prescisse il tuo “personal trainer” virtuale :-) era studiato per una donna come ti sei descritta nella precedente domanda, e che facesse solo quello. Tu hai aggiunto il ballo, esercizi, cyclette e stretching che non erano in preventivo.

A proposito, hai parlato di stretching, cosa che non ti avevo neppure menzionato e non a caso. Al livello iniziale, quello che definimmo circa un mese fa, non è consigliabile lo stretching; so bene che quando comparve (ai miei tempi) parve la Panacea della Grecia antica, capace di risolvere tutti i problemi del mondo; però le conoscenze mutano col passare degli anni. Oggigiorno sappiamo che l’allungamento va eseguito in certe condizioni, solo a caldo e dopo sforzi notevoli, e con attenzioni particolari: fatto a caso è più dannoso che utile. In ciò che ti scrissi l’altra volta non ci furono errori od omissioni; non ci fu – neppure in un passaggio – il pensiero nascosto “questo non glie lo dico ma è sottinteso”. Ciò che non menzionai non andava fatto.

Sia chiaro, io non “ordino” niente a nessuno, tu sei padronissima di fare ciò che ti piace, e ci mancherebbe. Ma per preparare la mezza maratona, a livelli almeno decenti, occorre un tecnico che valga il pane che mangia e un atleta (oppure un’atleta) che esegua con precisione svizzera e pazienza certosina i compiti assegnati.

Sai, ti confesso che quando vidi tanto entusiasmo immaginai di portarti a qualche buon risultato. Non ti porre il limite dell’età: ai miei tempi c’era una certa Maria Pia D’Orlando che iniziò a correre a 42 anni: due anni dopo fece il record mondiale e per due o tre anni vinse e stravinse ridicolizzando avversarie che potevano essere le sue figlie. Certamente erano altri tempi, certamente era predestinata, però non poniamo limiti al destino. Se vuoi fare qualcosa, qualunque cosa, cerca di dare il massimo, per rispetto di te stessa e della tua vita che si presenta – con le occasioni – una volta soltanto. Non c’è nulla di più straziante, arrivati ad una certa età, del rimpianto di aver perso una grande opportunità per colpa di qualche errore.



I dolori sono una “spia” inventata dalla Natura per renderci consapevoli che qualcosa in noi è andato oltre il limite. Non ti sto prendendo in giro se ti dico che nel corpo abbiamo dei “fusibili”. I fusibili hanno lo scopo di salvaguardare un impianto elettrico: invece di fondere tutto quanto si scioglie solo un tratto di pochi millimetri, nella malaugurata ipotesi che ci sia un sovraccarico di corrente. Madre natura ha creato un meccanismo per cui un organismo che supera un certo limite fonde in un piccolo punto, invece che andare a fuoco tutto. Gli impianti elettrici sono uno scopiazzamento delle leggi naturali che regolano gli organismi viventi, entrambi “saltano” oltre una certa intensità.



Occorrerebbe individuare il momento in cui è comparso il problema per la prima volta. Dammi tutti i dettagli che puoi e vedrò di approfondire. Se formulassi altre ipotesi tirerei su i bussolotti, e non è mia abitudine.



A presto, ciao



Bad
COWPER
2014-11-15 13:41:12 UTC
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